Enti, Istituzioni e Associazioni di genitori.
Sintesi degli interventi dei rappresentanti degli Enti, delle Istituzioni e delle Associazioni sulla realtà dell'inserimento lavorativo e sociale dei disabili, con particolare riferimento alla Regione Marche1° convegno nazionale ARISM – FADIS
Disabilita': dall'integrazione scolastica all'inserimento lavorativo
Ancona, 9 marzo 2002
Aldo Grassini - UIC Unione Italiana Ciechi
- La trasformazione dei programmi dei corsi di formazione per insegnanti di sostegno ha determinato una caduta di specificità, soprattutto per quanto riguarda le tematiche legate ai problemi sensoriali.
- Integrazione scolastica: non sempre l’apprendimento e la socializzazione si muovono di pari passo: il buon rapporto instaurato in classe tra il bambino e i suoi compagni spesso resta circoscritto all’ambiente scolastico. Questo dipende anche dal fatto che spesso,all’esterno,non ci sono strutture di supporto per le famiglie.
- Preparazione al lavoro. Ci sono sostanzialmente tre sbocchi professionali: l’insegnamento,il centralismo telefonico e la massofisioterapia.
Per quanto riguarda l’insegnamento, oggi è diventato sempre più difficile per un cieco inserirsi nella scuola, infatti per poter fare le supplenze, spesso brevi , il cieco deve affrontare le difficoltà di organizzazione per lo spostamento e deve avere tempo per prendere confidenza con l’ambiente fisico, con le persone.
Per quanto riguarda i massofisioterapisti, oggi il corso triennale è diventato parauniversitario, quindi richiede il diploma di scuola superiore e doti fisiche che non tutti possiedono.
Il lavoro come centralinista telefonico poi è oggi meno richiesto, perché la tecnologia si sta sostituendo all’uomo. Occorre dunque cercare altre strade.
Nedda Pierallini - Responsabile Servizio Lavoro Provincia di Ancona
Attività svolte dalla provincia di Ancona in materia di inserimento lavorativo dei disabili in applicazione della legge 68. Uffici: servizio lavoro e quattro centri per l’impiego per effettuare il collocamento mirato. Procedura del collocamento mirato: prospetto informativo compilato dalle aziende, opera di sensibilizzazione nelle aziende da parte dei cosiddetti operatori della mediazione, adesione volontaria da parte dei disabili alle varie offerte di lavoro, convenzioni con i privati e con enti pubblici, agevolazioni, sgravi contributivi…
Antonella Mazzanti - Responsabile area Handicap Comune di Ancona
La disabilità non è un calderone; occorre saper proporre percorsi diversi per tipologie di disabilità.
Strumenti adottati dal comune di Ancona: le convenzioni. Difficoltà: le convenzioni spesso si sono interrotte, principalmente perché il soggetto disabile non era pronto per l’accesso al mondo del lavoro. Occorre dare al disabile una formazione molto specifica e rafforzare un’identità di tipo lavorativo, anche creando laboratori di base per settori specifici in collaborazione con scuole superiori e cooperative di tipo B.
Alfonso Benvenuto – Dirigente scolastico Istituto professionale alberghiero “A. Panzini” di Senigallia
Ecco la nostra esperienza : il Panzini di Senigallia ha 1200 alunni, 270 tra docenti e Ata, 44 alunni portatori di handicap, 21 docenti di sostegno. Da circa due anni noi cerchiamo di integrare scuola e mondo del lavoro; socializzare infatti non significa solo stare nella scuola, significa anche poter preparare una strada verso l’inserimento in aziende lavorative.
Per un anno abbiamo avuto la possibilità di far partecipare i ragazzi disabili ad un progetto di ippomotorietà, grazie ad un finanziamento del Provveditorato di Ancona.
Un’altra esperienza è stata quella dell’attività in piscina, grazie all’amministrazione comunale di Senigallia. Bisogna crederci in questo tipo di interventi e deve crederci prima di tutti l’organo politico. Invece purtroppo in tutte le finanziarie i primi tagli vengono fatti sempre su scuola e sanità, in particolare nell’assistenza ai portatori di handicap.
Orientamento: non è giusto che tutti gli alunni portatori di handicap debbano andare agli istituti professionali. La socializzazione dell’alunno portatore di handicap non è solo ed esclusivamente finalizzata alla specializzazione che ha la scuola.
Edilizia scolastica: le scuole che hanno iscritti dei portatori di handicap dovrebbero avere un’infermeria efficiente e, dove il numero di alunni supera le 30 unità, anche di un infermiere. Le équipes psico-socio-pedagogiche delle varie ASL inoltre devono essere più disponibili e tempestivi nei confronti delle richieste dei consigli di classe.
Sandro Accardo - Cooperativa sociale “Atlante”
Il movimento cooperativo ha cominciato la riflessione e il dibattito sull’attività lavorativa del soggetto svantaggiato almeno 15 anni fa. Nel 1991, con la legge 381 è stato regolamentato il settore delle cooperative sociali. Le cooperative sociali di tipo B sono quelle che hanno l’obbligo di avere almeno il 30% dei lavoratori come soggetti svantaggiati. Inizialmente le attività delle cooperative di tipo B erano quelle residuali, quasi sempre con enti pubblici; oggi siamo diventati aziende che danno attività lavorative ad enti sia pubblici che privati. Nelle Marche in particolare, dove la maggior parte delle aziende ha meno di 15 dipendenti e dunque non è applicabile la legge 68/99, la cooperazione sociale di tipo B è probabilmente una delle poche soluzioni per occupare i soggetti svantaggiati. Quello che occorre fare quindi è soprattutto formare i soggetti svantaggiati per incontrare il mondo del lavoro.
Bianca Stella Lodi - ANFFAS Associazione nazionale famiglie di disabili intellettivi e relazionali
Noi non siamo professionisti, siamo familiari di disabili intellettivi e relazionali. I disabili intellettivi inseriti in un’attività lavorativa sono pochi. Ci sono soprattutto gli inserimenti, che però sono limitati, parziali, non remunerativi e soprattutto precari. Per noi è molto importante che l’intervento riabilitativo ed educativi sia il più precoce possibile, fin dalla scuola materna.
Per noi è importante anche che la scuola dell’obbligo proceda il più possibile, perché i nostri figli in grandissima parte non riescono a proseguire gli studi alle superiori, spesso arrivano a 15-16 anni e lì si fermano perché non hanno gli strumenti per poter andare avanti. Io vedo che molti genitori hanno la percezione che la responsabilità dell’educazione, dell’educazione del loro figlio è tutta nelle mani dell’insegnante di sostegno: a scuola occorre una maggiore sinergia tra l’istituzione scolastica , il consiglio di classe, i genitori e tutti i vari organismi. Occorre inserire anche i genitori perché bisogna partire dal punto in cui sono arrivati i familiari, ma poi bisogna continuare a lavorare con i familiari.
Cosa succede dopo la scuola? L’inserimento sociale non è sufficiente: i nostri ragazzi devono fare delle cose che permettano loro di sentirsi persone, non accontentarsi di una pacca sulle spalle senza l’intenzione di farli veramente lavorare.
Renato Pigliacampo - ENS Ente Nazionale Sordomuti
Quali sono i problemi dei sordi? Fino ad oggi i sordomuti sono stati pensati come soggetti quasi a parte, ma noi siamo persone che vogliono partecipare attivamente a questa società.
Scuola: come comunica il sordo a scuola? Oggi molti docenti specializzati in senso polivalente obbligano il bambino sordo ad apprendere la lingua verbale, ma il bambino sordo ha difficoltà ad apprendere la lingua verbale, perché questa è presentata come un fatto obbligatorio. Dobbiamo allora rivedere la scuola frequentata dal sordo. Il docente specializzato per i sordi deve condividere la sordità , “diventare sordo”, trasformando quindi la didattica.
Bisogna che i docenti si informino sui nostri bisogni ; le associazioni di insegnanti devono prendere contatto con noi protagonisti. Noi vogliamo che voi facciate un corso integrativo per comunicare con i sordi, non solo i segni, ma la labiolettura…
Lavoro: il ragazzo sordo nella scuola pubblica dà lavoro: sull’udito mangia l’insegnante di sostegno,l’interprete, il protosista, l’otorino… Quando poi il ragazzo chiede il lavoro in base al titolo, in base alla legge, gli viene dato un lavoro da bidello, da spazzino. I sordi entrano bidelli e muoiono bidelli: ma questo no è integrazione. Integrarsi significa che ti devono dare la possibilità di fare carriera.
Giuseppe Crespini – Associazione Marchigiana Down
Inserimenti lavorativi: vorrei citare un esempio realizzato nel comune di Agugliano, dove sono stati inseriti a tempo indeterminato , part-time, tre ragazzi disabili, grazie alla convenzione tra il centro per l’impiego e la formazione, con la collaborazione dell’Umea.
Un altro inserimento lavorativo è stato fatto con un ragazzo Down . Finita la scuola media, insieme ad altri ragazzi disabili ha fatto un corso con il Fse, ha presentato un progetto alla regione Marche per un lavoro in biblioteca. Ci sono state delle difficoltà, ma grazie alla collaborazione di psicologi, insegnanti e genitori, i problemi sono stati affrontati e risolti.
Fabio Ragaini – Gruppo Solidarietà di Moie di Maiolati (Ancona)
Solo alcuni flash sui servizi e sulle politiche rivolti ai soggetti con Handicap, in particolare intellettivi.
- troppo spesso alcuni servizi sono fabbriche di prestazioni : in realtà sono servizi che spesso hanno come riferimento quel determinato periodo, ma non hanno come prospettiva l’integrazione nella società, non la qualità della vita, le relazioni fuori. Manca purtroppo quasi sempre un progetto educativo da spendere poi per la vita delle persone.
- le figure professionali: gli operatori che lavorano nei centri diurni sono persone che molto spesso si formano direttamente sul campo. Da qui la richiesta alla Regione Marche di attivare percorsi formativi per educatori professionali.
- le unità multidisciplinari: corrono il rischio di diventare dei certificatori, dei consulenti obbligatori, ma che spesso non vengono sentiti utili dagli utenti. I componenti delle unità multidisciplinari non vivono la realtà del centro, però fanno la progettazione individualizzata, fanno la valutazione,fanno la verifica. Questo è un problema reale.
- i servizi di riabilitazione: concepiscono il loro ruolo solo in una logica di recupero funzionale, di esercizio motorio, senza prestare attenzione a tutto il mondo degli ausili, che è una prospettiva fondamentale dell’autonomia.
Nota della Redazione
Le sintesi delle relazioni sono è a cura dell'ARISM. Il testo integrale degli interventi a cura degli autori sono pubblicati nel volume che raccogli gli atti del convegno.