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MIUR comunicato 04/03/2009 Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”

Presentato dal MIUR il documento d'indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” introdotto con la legge n.169 del 30/10/2008. Il nuovo insegnamento prevede percorsi specifici per ogni ordine e grado di istruzione.
MIUR Comunicato stampa 04/03/2009

Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”

Premessa

L’introduzione, con legge 30.10.2008 n. 169, dell’insegnamento Cittadinanza e Costituzione offre l’occasione per una messa a punto del fondamentale rapporto che lega la scuola alla Costituzione, sia dal punto di vista della sua legittimazione, sia dal punto di vista del compito educativo ad essa affidato. Le scuole sono chiamate in proposito a concorrere, anzitutto con la riflessione, con l’approfondimento dei problemi e con la sperimentazione, a questa messa a punto, in vista di un più maturo assetto ordinamentale della materia.
La storia cinquantennale dei tentativi di istituire un insegnamento di educazione civica nella scuola rivela successi, intuizioni nobili e soluzioni ingegnose, ma anche vari insuccessi.
Negli ultimi decenni, allo scopo di arricchire e di rinforzare l’educazione civica, su richiesta di prestigiosi organismi internazionali e in risposta ad emergenze educative di vario tipo, si sono auspicate, proposte e anche introdotte per via amministrativa o addirittura per via legislativa, come è successo con l’educazione alla salute e con l’educazione stradale, un notevole numero di altre “educazioni” (ai diritti umani, alla pace, allo sviluppo, all’ambiente, all’intercultura, ai media…) che però non si sono mai conquistate uno spazio curricolare definito, restando affidate alla buona volontà dei docenti e alla sensibilità dei responsabili pro tempore della Pubblica Istruzione.
Da qui l’opportunità di seguire, sia pure per sommi capi, la vicenda storico-istituzionale dell’educazione civica, che è passata attraverso nomi e prospettive culturali parzialmente diverse.
Altrettanto utile risulta la considerazione comparativa delle soluzioni adottate o in via di adozione nei diversi paesi, dove l’educazione civica è anche una disciplina separata, che prevede un’ora settimanale per tutta la durata degli studi, come in Francia e in Spagna, o in parte del curricolo, come in Inghilterra e in Romania, o dove questa “quasi-disciplina e super-disciplina” è una dimensione integrata nei Social studies, come avviene in Svezia, per l’intero ciclo novennale di base.
Ovunque si sottolineano l’importanza delle dimensioni trasversali e multidisciplinari, e l’esperienza di partecipazione alla vita della scuola, sul piano dell’esercizio della democrazia diretta o delegata, anche in riferimento ai processi decisionali, per mettere in pratica l’esercizio dei diritti e dei doveri dentro la scuola. Attenzione si rivolge poi, oltre al curricolo esplicito, anche al curricolo nascosto o implicito, che è assai importante didatticamente, perché tiene conto dei vissuti reali, sia degli studenti, sia dei docenti, per i quali è indispensabile un adeguato sostegno formativo.

1.Ragioni e prospettive del rapporto fra scuola e Cittadinanza e Costituzione

1) L’educazione civica nei cambiamenti istituzionali avvenuti nel corso dell’ultimo cinquantennio

A) Il DPR 13.6.1958, n. 585 per la scuola secondaria di primo e secondo grado

Le origini istituzionali dell’educazione civica nella storia repubblicana si ritrovano, dieci anni dopo il varo della Costituzione, nel dpr 13 giugno 1958, n. 585, dal titolo “Programmi per l’insegnamento dell’educazione civica negli istituti e scuole di istruzione secondaria e artistica”. È questa l’espressione che resta più a lungo in vigore sul piano istituzionale e che più largamente viene utilizzata dall’opinione pubblica, anche in ambito internazionale.
In questo originario decreto si trovano con chiarezza tutti gli elementi che giustificano gli sforzi fatti, nel successivo mezzo secolo, per far crescere la “pianticella” dell’educazione civica e si intravedono anche le ragioni della sua debolezza.
Vi si dice, a proposito di questo insegnamento, che:
a) “con il primo termine, ‘educazione’, si immedesima con il fine della scuola e con il secondo, ‘civica’, si proietta verso la vita sociale, giuridica, politica, verso i principi che reggono la collettività e le forme nelle quali essa si concreta”;
b) “se pure è vero che l’educazione civica ha da essere presente in ogni insegnamento, l’opportunità evidente di una sintesi organica consiglia di dare ad essa un quadro didattico, e perciò di indicare orario e programmi e induce ad insegnare per questo specifico compito il docente di storia”;
c) occorre pensare all’utilizzo della “stessa organizzazione della vita scolastica come viva esperienza di rapporti sociali e pratico esercizio di diritti e di doveri”;
d) l’educazione civica “si giova di un costante riferimento alla Costituzione della Repubblica, che rappresenta il culmine della nostra attuale esperienza storica, nei cui principi fondamentali si esprimono i valori morali che integrano la trama spirituale della nostra civile convivenza”.
La gracilità di questo pur nobile impianto non stava nella visione culturale e politica o nelle motivazioni pedagogiche, che l’avevano ispirato e legittimato, ma:
- da un lato, nella complessità e nella delicatezza delle dimensioni sopra ricordate che, pur riferendosi a norme e principi condivisi e istituiti al più alto livello, quello costituzionale, sono per natura loro, se non condotti con autorevolezza e competenza, suscettibili di scadimento in improduttivi dibattiti, divergenze, conflitti, o, all’opposto, in discorsi astratti poco interessanti per i giovani;
- dall’altro nell’angustia dell’orario previsto in proposito per l’insegnante di storia, che doveva dedicare due sole ore mensili alla nuova disciplina annessa alla “disciplina madre”, senza che ciò implicasse, e con quei tempi era logico, un voto distinto per l’educazione civica.

B) Il DM 9.2.1979 per la scuola media e il DPR 12.2.1985, n. 104 per la scuola elementare

Nei programmi della scuola media del 1979 compaiono alcune novità interessanti. L’educazione civica, “quale specifica materia d’insegnamento, esplicitamente prevista dal piano di studi, ha come oggetto di apprendimento le regole fondamentali della convivenza civile, come risultati di un processo storico pervenuto a formulazioni giuridiche positive e come presupposto per ulteriori sviluppi. Il nucleo fondamentale di tali contenuti è dato dal testo della Costituzione italiana, legge fondamentale dello Stato e sintetica espressione della nostra civile convivenza, che abbisogna di tutte le forze per la sua completa attuazione. La comprensione della Costituzione, che gioverà anche a dare sistemazione, quasi secondo un indice ragionato, agli altri temi di educazione civica, avrà un momento più organico nella terza classe, in quanto lo consentono l’età e l’esperienza raggiunta dagli allievi”.
È su questa base che l’educazione civica viene intesa come “un grande campo di raccordo culturale, interdisciplinare, che ha anche suoi contenuti specifici…” La sua gestione veniva affidata al “consiglio di classe”, che doveva anche indicare, in sede di programmazione, “tempi specifici per lo svolgimento dell’attività programmata”. Tutte le discipline venivano intese come “articolazioni di una educazione unitaria”: così si parlava di educazione linguistica, storica, civica, matematica... “La scuola, si diceva, attua il suo impegno di educazione civica attraverso il contatto col mondo civile e la presa di coscienza dei valori sui quali si fonda la Costituzione, l’offerta di conoscenza di problemi e di metodologie per la valutazione critica dei fatti, nonché attraverso un concreto esercizio di vita democratica nella scuola”.
Nei programmi della scuola elementare del 1985 compariva, ai vertici degli obiettivi educativi, l’Educazione alla convivenza democratica, indicata come uno dei “principi e fini della scuola primaria”: essa “sollecita gli alunni a divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie azioni, alla luce di criteri di condotta chiari e coerenti, che attuino valori riconosciuti”.
Questi valori sono stati individuati nella Costituzione. Quanto allo spazio curricolare, questi programmi prevedevano, accanto alla storia e alla geografia, la materia “studi sociali”. Con essi la scuola doveva fornire “gli strumenti per un primo livello di conoscenza dell’organizzazione della nostra società nei suoi aspetti istituzionali e politici, con particolare riferimento alle origini storiche e ideali della Costituzione”.

C) La direttiva 8.2.1996 n. 58 e gli sviluppi successivi

Un passo avanti nell’elaborazione culturale e amministrativa, se non negli ordinamenti e nei programmi, si fece negli anni 1995 e 1996, nell’ambito di una commissione ministeriale suggerita dal CNPI, per ripensare e rilanciare la indebolita educazione civica. Di fronte al complicarsi e all’estendersi della problematica di tipo sociopolitico (dalla caduta del Muro di Berlino ai trattati di Maastricht e alla globalizzazione) e di tipo esistenziale (il disagio giovanile, fonte di demotivazione, devianza, droga, delinquenza, incidenti stradali e, all’opposto, volontà di protagonismo e di partecipazione giovanile), diversi ministeri, a partire da quello dell’Istruzione, furono tentati di affidare alla scuola, sulla base delle “emergenze” volta a volta percepite, ogni problematica che presentasse risvolti di tipo educativo.
Nell’ambito di quella commissione si fece chiaro che le “educazioni” ministeriali, già in qualche modo “governate” con i progetti Giovani e Ragazzi, potevano trovare proprio nella Costituzione una mappa concettuale, valoriale e giuridica essenziale e completa, utile a unificare la nuova problematica educativa e ad affrontarla non in termini giustappositivi, ma in termini integrativi.
La direttiva ministeriale n. 58, con l’allegato documento “Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura costituzionale”, annunciò un “curricolo continuo di educazione civica e cultura costituzionale”, che tuttavia non entrò in vigore.
Lo Statuto delle studentesse e degli studenti (dpr 24.6.1998, n.249), ha rappresentato una conquista “storica” per tutti coloro che da decenni si erano impegnati per l’attuazione dei diritti e dei doveri degli studenti nella comunità scolastica.
La scuola infatti vi è definita come “comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il ricupero delle posizioni di svantaggio, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia … e con i principi generali dell’ordinamento italiano”.

Alla base vi è, infatti, una concezione dell’educazione e della formazione culturale che privilegia l’esigenza di co-costruire, sviluppare, ri-calibrare in senso evolutivo la qualità dei percorsi di crescita degli studenti. Si tratta di una visione fortemente improntata alla promozione della persona; alla valorizzazione delle competenze di cui i ragazzi sono portatori; alla sperimentazione di percorsi di responsabilità partecipate; al supporto mirato alla gestione e al superamento degli ostacoli allo sviluppo.
Come ogni regolamentazione di natura democratica, lo Statuto delle studentesse e degli studenti è doverosamente attento anche alla definizione dei doveri che gli studenti sono tenuti ad osservare, relativamente allo studio, al rispetto per le persone e per le disposizioni organizzative, alla correttezza nei comportamenti e alla cura dell’ambiente scolastico, riconosciuto quale importante fattore di qualità della vita della scuola.
Purtroppo, in assenza di un aggancio forte a un insegnamento relativo all’impianto costituzionale, e alla convenzione internazionale sui diritti del minore (1989) anche questo Statuto non ha dato tutti i frutti sperati.

D) L’occasione della riforma costituzionale del Titolo V e i nuovi Statuti Regionali

Una vera novità per la tematica in questione nasce con la legge costituzionale 18.10.2001, n.3, dal titolo “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”. Alcuni orientamenti già presenti nelle loro linee essenziali nel testo del 1948, come ad esempio la distinzione tra Repubblica e Stato, e ancor di più la valorizzazione strategica del ruolo degli Enti locali e, in particolare, delle Regioni, vengono ampliati e definiti con più precisione, delineando un nuovo equilibrio istituzionale.
In particolare per quanto riguarda l’istruzione, allo Stato spettano le norme generali e alle Regioni viene riconosciuta potestà legislativa in riferimento “ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato” (art. 117). Di rilievo è anche la consacrazione formale del «principio di sussidiarietà» (art. 118), insieme al rilancio del ruolo delle autonomie: fra queste gli istituti scolastici, intesi come “formazioni sociali ove si svolge la (sua) personalità” di ogni uomo (art. 2), ottengono il riconoscimento dell’autonomia a livello costituzionale (art. 117).
Si tratta di attribuzioni di poteri e di responsabilità che vanno fatti vivere nella scuola, rendendoli il più possibile espliciti, in riferimento ai valori di cittadinanza che si possono vivere nel nuovo assetto costituzionale.

E) La legge delega 28.3.2003, n. 53 e il decreto legislativo 19.2.2004, n. 59

Un altro passo avanti sul piano della riflessione pedagogica e metodologica è stato fatto con legge 53/2003 (“Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”). Essa, come è noto, ha indicato tra i fini delle scuole di ogni ordine e grado l’educazione ai principi fondamentali della convivenza civile.
Questa è stata poi, nei decreti applicativi, articolata in sei educazioni, raggruppabili in due assi: uno di tipo oggettivo-istituzionale (cittadinanza, sicurezza stradale, ambiente), uno di tipo soggettivo-esistenziale (salute, alimentazione, affettività).
Le caratteristiche di questa complessiva educazione alla convivenza civile dovevano essere, come è noto, due.
In base alla prima, essa doveva coinvolgere tutti i docenti e tutte le discipline in uno sforzo di coordinamento e d’integrazione, per l’intera durata del periodo scolastico caratterizzato dal diritto dovere all’istruzione e alla formazione (cioè di almeno 12 anni o, comunque, fino all’ottenimento di una qualifica professionale). In questo senso, come specificavano le Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati, se erano indicati gli obiettivi specifici di apprendimento (conoscenze e abilità) sia per ciascuna delle diverse discipline presenti nei piani di studio (alla fine di ogni biennio scolastico) sia per l’educazione alla convivenza civile (alla fine della durata di ogni grado di scuola), ci si premurava anche di ribadire che i contenuti del doppio elenco, in realtà obbedivano, “al principio della sintesi e dell’ologramma”, rinviando ciascuno a tutti gli altri. Per questo, si invitavano i docenti a riflettere sul fatto che «un obiettivo specifico di apprendimento di una delle sei dimensioni della convivenza civile» era e doveva essere sempre «anche disciplinare e viceversa».
La seconda caratteristica dell’educazione alla convivenza civile era basata sulla consapevolezza che la originaria relazionalità umana e l’espressione morale e sociale di questa caratteristica antropologica sarebbero state l’ambito fondante lo statuale e il legale-normativo.

F) Il DM 31.7.2007

La difficoltà dell’impresa innovativa sopra ricordata ha indotto il nuovo Governo a lasciar cadere l’educazione alla convivenza civile, i cui concetti generali sono però stati ampiamente recuperati nelle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo:
- sia nella premessa generale, “Cultura Scuola Persona”, che finalizza queste Indicazioni ad “una nuova cittadinanza”, per un “nuovo umanesimo”;
- sia nella premessa alle singole discipline e alle aree disciplinari, in cui si parla di cittadinanza attiva, di legalità, di etica della responsabilità e dei valori sanciti nella Costituzione, con la citazione di alcuni suoi articoli;
-sia infine nell’ambito dell’area storico-geografica, che ha “fra gli obiettivi centrali lo sviluppo delle competenze relative alla cittadinanza attiva” (comprensione del significato delle regole per la convivenza nella società e della necessità di rispettarle, conoscenza della Costituzione e dei diritti umani).

G) Il Ddl 1.8.2008 e il Decreto legge 1.9.2008 n. 137, convertito nella legge 30.10.2008, n. 169: continuità e novità

Il disegno di legge del 1.8.2008, approvato dal Consiglio dei Ministri, ha previsto l’istituzione per legge della “disciplina denominata Cittadinanza e Costituzione, individuata nelle aree storico-geografica e storico-sociale ed oggetto di specifica valutazione”, con una propria dotazione oraria di 33 ore annue e con voto distinto per tutti gli ordini e gradi di scuola.
La decisione, da parte del Governo, di percorrere la corsia preferenziale del decreto legge, per intervenire concretamente nella scuola già dall’anno scolastico 2008-2009, ha comportato per l’immediato la scelta di concentrare l’attenzione, da un lato sulla formazione dei docenti e dall’altro sulla sperimentazione di un insegnamento che avesse per oggetto “le conoscenze e delle competenze relative a ‘Cittadinanza e Costituzione’, nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse”.
Ecco perché la ripresa di un’iniziativa istituzionale in merito e il rilancio di prassi virtuose che sono già in atto, anche con i limiti istituzionali ricordati, non hanno né i caratteri della semplice ripetizione o riesumazione, né quelli della assoluta novità.
In particolare s’intende valorizzare l’impianto culturale abbozzato negli anni ’50, liberandolo dai limiti istituzionali che, con le sole due ore mensili, e senza un proprio voto, ne hanno ostacolato il cammino.
D’altra parte, le difficoltà incontrate nello scorso mezzo secolo nell’impegno a sviluppare l’educazione civica come compito comune a tutta la scuola e come disciplina autonoma non sono destinate a risolversi improvvisamente, ma neppure legittimano la rimozione del problema, che anzi riemerge a livello internazionale, in diversi paesi. Lo dimostrano la citata Raccomandazione europea e l’avvio del Progetto ICCS 2009 (International Civic and Citizenship Education Study), terza indagine internazionale sull'educazione civica e alla cittadinanza promossa dalla IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement). Il progetto ICCS 2009, cui collabora per il nostro Paese l’INVALSI, si svolge contemporaneamente in 40 Paesi in tutto il mondo e si pone l'obiettivo di "identificare ed esaminare, all'interno di una dimensione comparativa i modi in cui i giovani vengono preparati per svolgere in modo attivo il proprio ruolo di cittadini in società democratiche".

2) Le competenze sociali e civiche raccomandate dall’Unione Europea e l’educazione alla convivenza civile

Per entrare maggiormente nel merito del discorso, è opportuno riferirsi anche al “Quadro di riferimento europeo” allegato alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18.12.2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente. Il nostro ordinamento richiama e utilizza questa elaborazione, presentando le otto competenze chiave da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria, negli allegati al DM 22.8. 2007 n. 139 (Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione), che si riferiscono sia all’asse dei linguaggi, sia a quello scientifico-tecnologico, sia a quello storico-sociale.
In particolare, circa le competenze sociali, la Raccomandazione europea afferma che esse implicano anzitutto “competenze personali, interpersonali e interculturali, che riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più diversificate, come anche di risolvere i conflitti, ove ciò sia necessario”. Si va dalla consapevolezza di ciò che gli individui devono fare per conseguire una salute fisica e mentale ottimali alla comprensione dei diversi codici di comportamento, alla capacità di negoziare, di creare fiducia, di superare stress, frustrazioni, pregiudizi.
La “competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno alla vita civile, grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopolitici e all’impegno a una partecipazione attiva e democratica”.
Si trovano in questo elenco sommariamente richiamato alcuni temi che appartengono a quella che la legge 53/2003 chiama convivenza civile. Educare alla convivenza civile significa promuovere nel singolo cittadino la consapevolezza di essere parte di un corpo sociale e istituzionale che cresce e si trasforma nel tempo e nello spazio, e di essere insieme fruitore dei beni di cultura e responsabile della loro conservazione e della loro crescita, nei riguardi degli altri e delle nuove generazioni.
Fra i beni di cultura, un posto particolare occupano i diritti umani, frutto di riflessione filosofica e giuridica e di lotta politica, e conseguenza del movimento democratico, che affida i poteri dello stato al metodo del confronto fra gruppi concorrenti e alla prassi del voto, secondo regole fissate preventivamente.
La società non si esaurisce nella sua dimensione politica; col termine di società civile s'intende riferirsi ad altri aspetti dell'umana convivenza: gli aspetti economici, culturali, religiosi, etici, artistici, scientifici, tecnologici. E di questi aspetti fanno parte sia il risvolto "fisiologico", sia il risvolto "patologico", quello che legittimamente viene qualificato come "incivile", ma anche immorale, antisociale, falso, brutto, irrazionale, criminale: risvolto che, con alleanza delle forze civili, nel rispetto del pluralismo, va combattuto in ogni sede, a partire dalla propria persona.
Fa parte del linguaggio comune, soprattutto quando si esprima in termini di pubblicità, di propaganda, di proselitismo, di spettacolo televisivo, o di semplice espressione di stati d'animo, l'uso improprio o scorretto di termini talora superficiali, imprecisi, volgari e offensivi, non rispettosi della realtà dei fatti, delle parole e dei pensieri altrui: basta poco per trasformare un civile dibattito in una rissa incivile.
Da qui l'impegno a capire, ad ascoltare con pazienza, a controllare gli impulsi, ad evitare criminalizzazioni, demonizzazioni, strumentalizzazioni; e a distinguere le persone, che vanno sempre rispettate, dalle idee e dai comportamenti, che vanno discussi e anche contrastati quando appaiano negativi, per quello che significano e per le conseguenze che hanno.

In termini formativi il concetto di convivenza civile si connette strettamente ai cosiddetti “saperi della legalità”, che attengono a diversi e complessi livelli conoscitivi fondamentali in termini di educazione alla cittadinanza democratica, quali: a) la conoscenza storica, che dà spessore alle storie individuali e a quella collettiva, dà senso al presente e permette di orientarsi in una dimensione futura; b) la conoscenza della Costituzione e delle istituzioni preposte alla regolamentazione dei rapporti civili, sociali ed economici, quale background fondamentale, che deve diventare parte del patrimonio culturale degli alunni e degli studenti; c) la conoscenza del contesto sociale nel quale i ragazzi si muovono e agiscono: essi non possono prescindere dalla conoscenza delle fondamentali dinamiche europee ed internazionali, di alcune delle altre lingue, culture e religioni, maturata anche attraverso la capacità di accedere alle opportunità di mobilità culturale, telematica e geografica esistenti.

Per educare alla democrazia, alla legalità, alla cittadinanza attiva possono essere utilizzate e valorizzate diverse forme espressive degli studenti e delle studentesse. Un contributo all’acquisizione di conoscenze, competenze e atteggiamenti che possono aiutare i giovani a diventare cittadini e a svolgere un ruolo nella società, può venire dalla cooperazione europea e internazionale. La partecipazione ai programmi europei costituisce una valida e significativa occasione per definire e realizzare con scuole di altri Paesi strategie didattiche finalizzate allo scambio interculturale e per favorire tra i giovani il dialogo tra i rispettivi diversi mondi di appartenenza. Questo vale anche, sul piano nazionale, per le iniziative culturali e formative promosse per le scuole dal Senato della repubblica e dalla Camera dei deputati.

Arricchire la conoscenza attraverso l’esperienza diretta può far superare, attraverso il confronto con altre tradizioni, mentalità e comportamenti, gli stereotipi che sovente sono alla base di fenomeni di intolleranza, xenofobie e razzismo.
In tale prospettiva va sottolineato che la scuola, presidio di legalità, è credibile nella sua funzione educativa quando è in grado di proporre modelli positivi di comportamento. Le attività educative promosse nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado devono perciò favorire l’acquisizione di competenze interpersonali, interculturali, sociali e civiche, che consentano la partecipazione consapevole e responsabile alla vita sociale e lavorativa in società sempre più complesse. È necessario, quindi, potenziare la conoscenza approfondita dei valori costituzionali attraverso interventi educativi centrati sui temi sopra citati della cittadinanza democratica ed attiva e, di conseguenza, della legalità. Una tale formazione si fonda sull’implementazione di percorsi in grado di produrre una graduale ma solida presa di coscienza dei principi e delle regole che sono alla base della convivenza civile, con modalità differenziate in relazione alle età dei soggetti coinvolti e alle loro competenze culturali e linguistiche.
Il rispetto della legalità, l’osservanza di diritti e di doveri devono essere compresi in termini di valori essenziali e fondanti la possibilità di essere interlocutori protagonisti nell’ambito di un progetto comune e solidale volto allo sviluppo della società più estesa.

3) La collaborazione fra docenti e la valutazione del comportamento degli studenti

L’ora settimanale dedicata a Cittadinanza e Costituzione non è certo sufficiente a produrre, sulla mera base dei temi che affronta e dei metodi di lavoro coinvolgenti che sappia adottare, risultati di questo tipo. Essi vanno considerati come compito comune ai docenti e ai dirigenti scolastici, nel dialogo allargato con forze potenzialmente educative. In particolare nei consigli di classe si tratta di trovare intese per accordarsi sugli obiettivi di apprendimento relativi a questa area di concetti e di competenze, anche sulla scorta dei contributi forniti dal docente di questa disciplina, per giungere a valutare collegialmente i comportamenti dei bambini, degli adolescenti e dei giovani.
Si tiene conto in proposito delle innovazioni introdotte dalla legge 53 del 2003 e della legge 169 del 2008 per quanto riguarda il comportamento, che è oggetto di specifica valutazione, accanto agli apprendimenti disciplinari e alle competenze. Si arricchisce in tal modo il concetto tradizionale di condotta, riconoscendo la molteplicità delle motivazioni e delle componenti che influiscono sul comportamento dei discenti.
Oltre alle citate competenze sociali e civiche di fonte europea, si tratta di utilizzare altri strumenti analitici per individuare le componenti del comportamento, sulla scorta della letteratura disponibile in proposito. Il versante sociale del comportamento riguarda l’insieme delle interazioni socio affettive e cooperative che l’allievo instaura con i compagni.
Letto in situazione di lavoro e di compito, il comportamento va valutato in rapporto all’impegno (intensità e continuità), all’attenzione e concentrazione, all’organizzazione (relativa al metodo di studio), al controllo dell’ansia nei confronti delle prove, alla responsabilità e al senso critico.
In particolare, l’impegno di valutazione collegiale del comportamento degli alunni e degli studenti, in interazione con i coetanei e con gli adulti in ambiente scolastico, consente di approfondire la conoscenza delle singole persone e di esplorare in concreto la possibilità di valorizzare i loro talenti e di prevenire stili di comportamento disfunzionali e antisociali. Infatti, il riconoscimento e la promozione della capacità di assumersi la responsabilità cognitivo-emozionale delle proprie intenzioni e azioni possono essere diffusi e consolidati attraverso la valorizzazione della partecipazione studentesca, che rappresenta uno strumento significativo di coinvolgimento e di aggregazione partecipe e responsabile dei giovani nei percorsi di educazione e di crescita personale e comunitaria.
Le “Indicazioni ed Orientamenti sulla partecipazione studentesca” (Dir. 10.11.2006) mettono in evidenza come la scuola non possa vivere senza la partecipazione attiva e propositiva di tutti i soggetti che la compongono, compresa la componente degli studenti. L’esercizio della democrazia, infatti, è un diritto-dovere che va appreso e praticato giorno per giorno fin dalla più giovane età.
La scuola è la palestra ideale di questa pratica, quando sviluppa nella persona che apprende la consapevolezza dei propri percorsi formativi e favorisce e sostiene un processo relazionale finalizzato alla crescita globale, nella convinzione che le ragazze e i ragazzi, attraverso l’assunzione di responsabilità partecipative, si educhino al confronto ed imparino le regole fondamentali del vivere sociale.
In tal senso, la scuola rappresenta un fondamentale punto di riferimento per le Associazioni studentesche e le Consulte provinciali degli studenti, che offrono un notevole contributo in termini di: a) conoscenza del mondo giovanile e dei suoi bisogni; b) progettazione di azioni di sensibilizzazione e formazione funzionali a promuovere il confronto e il dialogo intra ed intergenerazionale; c) consolidamento di piani di collaborazione concertati e condivisi, dalla forte valenza responsabilizzante.
In tale prospettiva gli Uffici scolastici regionali e provinciali, in collaborazione con la Direzione generale per lo studente, hanno il compito di offrire ogni utile e costruttivo apporto a sostegno della condizione studentesca, del protagonismo dei giovani e del loro impegno nella forma dell’associazionismo, favorendo le condizioni per rafforzare il dialogo tra le rappresentanze degli studenti e l’Amministrazione scolastica a livello territoriale, regionale e nazionale, e sviluppando, altresì, le interconnessioni fra le diverse forme di rappresentanza.
Di particolare significatività risulta, in tale cornice, la possibilità di promuovere in ambiente scolastico la più ampia progettualità, la capacità di assumere un ruolo propositivo attivo e partecipe, ma anche la capacità di co-gestire i problemi, di ipotizzarne le dinamiche sottostanti, di esperire le soluzioni più funzionali.

4) Educare alla cittadinanza secondo Costituzione, in contesti multiculturali

Trovarsi a vivere in una società complessa e sovente disorientata, anche nella micro società scolastica, in cui ci si trova di fatto riuniti per ragioni varie, e impegnarsi a farne una vera comunità di vita e di lavoro, significa maturare la capacità di cercare e di dare un senso all’esistenza e alla convivenza e di elaborare dialetticamente i costrutti dell'identità personale e della solidarietà, della libertà e della responsabilità, della competizione e della cooperazione.
In questa prospettiva, l’ordinamento giuridico, che trova nella Costituzione il suo nucleo generativo e il suo fondamentale impianto organizzativo, non va considerato come uno dei tanti schemi astratti e immutabili con cui la scuola obbliga gli studenti ad affaticare la memoria, ma come un germe vitale, che si sviluppa lentamente, e non senza ostacoli e resistenze di tipo interno ed esterno, nella vita dei ragazzi e in quella della classe e della scuola.
Tale ordinamento si rivela progressivamente come potente strumento per capire, per accettare e per trasformare la realtà, per impostare relazioni, per affrontare e risolvere in modo non violento i conflitti a tutti i livelli e per immaginare e promuovere nuove regole, coerenti con quei principi e con le linee portanti dell’ordinamento democratico.

La realizzazione degli obiettivi proposti e da perseguire, le strategie da adottare e le collaborazioni da attivare per tradurre i principi di cittadinanza, democrazia e legalità in patrimonio culturale dei singoli, in modelli di vita e in comportamenti coerenti è legata al coinvolgimento di tutto il personale scolastico, alla sua sensibilità, alla sua crescita professionale. La sfida maggiore investe i docenti di tutte le aree disciplinari, che devono ricercare e valorizzare i contenuti, le metodologie e le forme di relazione e valutazione degli apprendimenti che maggiormente favoriscono la partecipazione e il coinvolgimento degli alunni, la percezione di star bene a scuola, la consapevolezza di essere in una comunità che accoglie, che mette in pratica le regole del vivere civile e sociale, che dialoga con le istituzioni e con la società civile organizzata, che sa apprendere.

Il cammino compiuto dalla nostra società, in ambito nazionale e internazionale, ha posto negli ultimi decenni il problema di pensare ai valori civici e sociali in orizzonti più vasti di quelli con cui sono state educate le generazioni precedenti l’attuale popolazione scolastica. La planetarizzazione dei problemi, delle interdipendenze, delle culture, delle conoscenze e dei diritti umani, ma anche dell’indifferentismo, del fanatismo, del particolarismo, della delinquenza organizzata, delle possibili catastrofi non solo ambientali, richiede un notevole sforzo di conoscenza, di comprensione, di impegno critico, e anche di sopportazione del peso di una convivenza che appare per più aspetti problematica, dal livello locale al livello mondiale.
E la presenza nelle nostre classi di ragazzi che provengono da diversi paesi, con diverse lingue, culture, religioni e tradizioni, pone il problema di costruire itinerari formativi che valorizzino il dialogo e il confronto fra i modi diversi con cui in diversi paesi vengono adottati costumi ed elaborate costituzioni e norme non sempre compatibili con le nostre. Le scelte compiute dalla Costituzione italiana, in armonia con la Carta europea e con la dottrina internazionale dei diritti umani, costituiscono non solo un fattore identitario per il nostro popolo, ma anche un fattore di apertura per chiunque sui diritti di tutti e un impegno di lotta nei riguardi delle discriminazioni e delle prevaricazioni.
Utile e opportuna risulta a questo proposito la Carta dei valori, della cittadinanza e dell'integrazione (30.04.2007), nata da un percorso avviato dal Ministro dell´Interno, nella seconda metà del 2006, nel quadro delle iniziative volte all´integrazione e alla coesione sociale.
Da questa problematica si alimenta la riflessione sulla cittadinanza, che riguarda l’intreccio delle relazioni fra il singolo e gli altri, sia nella prospettiva dei diritti umani, che rendono ciascuno “cittadino del mondo”, sia nella prospettiva dei diversi ordinamenti giuridici, che spesso configgono con questi diritti. Il richiamo alla distinzione e all’inevitabile dialettica fra la dimensione etica e la dimensione giuridica, e fra la dimensione personale e quella pubblica dell’etica, aiutano la comprensione dei complessi fenomeni culturali, sociali, religiosi, politici: e inducono da un lato a problematizzare, dall’altro a cercare di risolvere le tensioni e le contraddizioni che ogni giorno si vivono, anche con le informazioni che i mass media ci presentano e/o ci nascondono, dal livello locale a quello mondiale.
In tal senso, la scuola deve essere intesa quale comunità educante all’interno della quale gli studenti e le studentesse - soggetti centrali dell’educazione e dell’istruzione – hanno l’opportunità di crescere sul piano umano e culturale, e quale istituzione che persegue l’obiettivo di formare cittadini e cittadine solidali e responsabili; aperti alle altre culture e pronti ad esprimere sentimenti, emozioni e attese nel rispetto di se stessi e degli altri; capaci di gestire conflittualità e incertezza e di operare scelte ed assumere decisioni autonome agendo responsabilmente. Appare, dunque, di primaria importanza, nell’ottica della promozione di percorsi di crescita funzionali in senso adattivo, promuovere in classe la condivisione delle regole, la partecipazione alle scelte e alle decisioni, la conoscenza responsabile degli obiettivi di sviluppo e degli strumenti da utilizzare per esprimere autenticamente se stessi, ma anche il saper discutere, il sapersi valutare, il sapersi confrontare con le opinioni altrui, il sapersi aprire al dialogo e alla relazione in una logica interculturale.

Anche il supremo concetto di dignità di tutti i membri della famiglia umana, il riconoscimento della quale è considerato dal Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani (Parigi 1948) come “fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”, e che è definita inviolabile nel 1° articolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza, 2000) è oggetto di interpretazioni parzialmente diverse, come ci ricordano per esempio i dibattiti sulla bioetica e quelli relativi al multiculturalismo. Ciò che appartiene all’etnico, al culturale, al religioso, deve sempre più confrontarsi con leggi fatte e leggi da fare, nella prospettiva di un’etica universale, della quale non si può veramente fare a meno, anche se oggi per certi aspetti essa appare non tanto come una sicura conquista, quanto piuttosto come un compito a cui dedicarsi.

La dignità della persona umana non va solo presupposta, ma riconosciuta, rispettata e tutelata, come dice la Carta Europea: il che significa che la persona, nella sua concretezza esistenziale, nonostante il suo valore intrinseco, può anche non svilupparsi pienamente, se non viene fatta oggetto di cura, con un impegno attivo di “rimozione di ostacoli” che chiama in causa non solo la politica e la tecnica, ma prima di tutto l’educazione, per opera anzitutto della famiglia, poi della scuola e della società nelle sue varie articolazioni, fra cui un ruolo sempre più importante acquistano i mass media, le associazioni, le chiese.
A proposito della famiglia, la Costituzione è insieme esigente e generosa, quando affida ai genitori, e a nessun altro con tanta precisione, il “dovere e diritto di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio” (art. 30).
E’ questo il primo pilastro del Titolo II, relativo ai rapporti etico-sociali, articolato in tre affermazioni essenziali, che sono altrettanti compiti da adempiere. Vi si dice infatti che la Repubblica: “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art.29), “agevola…la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi” (art. 31); “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti” (art. 32); “detta le norme generali sull’istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, riconoscendo anche ad “enti e privati” “il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo stato”, prevedendo poi per gli alunni di queste scuole “un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali” (art.33).
La conquista della capacità e della volontà di esercizio di una cittadinanza, che sia democratica e attiva, appare in tal modo il frutto di azioni educative, che devono essere in qualche modo coordinate e concordate fra gli enti da cui dipendono la vita, la salute, la cultura, in sintesi la crescita umana e sociale dei ragazzi. I rapporti tra scuola e famiglia sono la prima cerniera che connette il mondo degli affetti familiari con quello delle relazioni e delle istituzioni sociali, ossia il mondo del privato con quello del pubblico.
Essendo riconosciuta dalla Costituzione, che responsabilizza l’intera Repubblica nei confronti della genesi e dell’esercizio dei suoi compiti, la famiglia dovrebbe essere anche il primo ambiente in cui si prende coscienza dei crediti e dei debiti che abbiamo nei confronti di questo “patto fondativo”, stipulato da generazioni passate, a beneficio e per conto anche delle presenti e delle future. Ed è questo il vero fondamento del “patto educativo di corresponsabilità” fra scuola e famiglia, richiesto dalla normativa vigente.
In questa ottica il patto di corresponsabilità segna una tappa fondamentale, è uno strumento insostituibile di interazione scuola-famiglia poiché coinvolge direttamente insegnanti, alunni e genitori invitandoli a concordare, responsabilmente, modelli di comportamento coerenti con uno stile di vita in cui si assumono e si mantengono impegni, rispettando l’ambiente sociale in cui si è ospitati.
La valenza educativa di tale strumento sta anche e soprattutto nella possibilità di imparare a valutare il significato delle proprie azioni in relazione alle norme che connotano il vivere civile, e ai vantaggi evolutivi che la condotta pro-sociale comporta: fiducia in se stessi; riconoscimento da parte della comunità del proprio valore; possibilità di fare affidamento sugli altri in un clima di stima reciproca.
In particolare, il patto di corresponsabilità chiede un significativo impegno alle famiglie: quello di osservare con grande attenzione i propri ragazzi rispetto al loro rapporto con la scuola, entrando in costante relazione con essa.
In linea con tali presupposti si colloca il Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola (FoNAGS), nato proprio per valorizzare la componente dei genitori e assicurare una sede stabile di consultazione delle famiglie sulle problematiche scolastiche.

5) Conoscenze e competenze relative all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione

Per collocare nella opportuna luce culturale, educativa e didattica le proposte che sono riportate di seguito e anche per accogliere gli ammaestramenti della lunga storia che si è brevemente riassunta nelle pagine precedenti vanno evidenziati i seguenti punti.

a) La legge n. 169/2008 non denomina «educazione civica» o «educazione alla Costituzione e alla cittadinanza» la nuova disciplina perché l’educazione e il carattere educativo qualificano ogni insegnamento e ogni relazione interpersonale che si svolgano nel sistema educativo di istruzione e di formazione (art. 1 della legge delega n. 53/03). Va quindi evitato il rischio di delegare a questo solo insegnamento preoccupazioni e compiti di natura educativa che, invece, devono coinvolgere per forza di cose tutti i docenti (con il loro esempio) e tutte le discipline (con particolari curvature del loro insegnamento).

b) Discorso analogo va condotto sulle ragioni che hanno persuaso il legislatore a non qualificare l’insegnamento di Costituzione e cittadinanza come «cultura». Anche la cultura, infatti, appartiene all’intero dell’esperienza scolastica e ne costituisce, al pari dell’educazione, un elemento qualificante e imprescindibile. Non esistono, perciò, insegnamenti che non siano e non debbano essere culturali e che, attraverso la cultura che esprimono, non debbano concorrere a far maturare le potenzialità educative di ogni studente.

c) Resta confermato il principio che vuole la cultura mezzo e strumento consustanziale all’educazione. Da questo punto di vista, l’interiorizzazione dei principi che reggono l’impianto della nostra Costituzione e la conoscenza via via più approfondita delle norme che definiscono la cittadinanza, in diversi ambiti, nazionali e internazionali (si parla anche di “cittadinanze”) appaiono come condizioni che giustificano e facilitano nei ragazzi l’adozione di comportamenti personali e sociali corretti sul piano dell’etica e della legalità.
La Costituzione diventa in tal modo non solo il documento fondativo della democrazia nel nostro Paese, ma anche una “mappa valoriale” utile alla costruzione della propria identità personale, locale, nazionale e umana: e fornisce chiarezza di idee e di motivazioni utili ad esercitare la cittadinanza attiva, anche in termini di impegno personale nel volontariato.

d) La conoscenza delle norme, intese come valori utili al bene comune, l’esperienza del rispetto di tali norme, la riflessione condivisa sulle implicazioni emotive e cognitive che vengono dalla loro adozione e dalla loro trasgressione sono condizioni fondamentali per la riemersione nelle coscienze e per la diffusione dei valori democratici, nel succedersi delle generazioni.
La necessità di esercitare la cittadinanza studentesca nel senso più ampio dell’esercizio dei diritti e dei doveri di cittadino afferente al micro (la scuola) e al macro (la società), si basa sulla consapevolezza che è indispensabile insegnare ed apprendere in modo esperienziale le competenze civiche e sociali, coerentemente con quanto affermato dal dibattito scientifico internazionale sulla formazione della personalità e sull’educazione. In tal senso, i percorsi educativi finalizzati alla trasmissione e all’acquisizione di contenuti e competenze attinenti al concetto di cittadinanza attiva si legano necessariamente:

• all’utilizzo di metodologie didattiche attive funzionali a tematizzare esplicitamente il sapere connesso all’area in questione;
• alla possibilità di riflettere, individualmente e collettivamente, sui contenuti proposti accedendo a casi concreti e sperimentando in prima persona le implicazioni concettuali connesse a ciascun argomento trattato (saper essere);
• all’offerta di un continuo e costante ponte di collegamento tra quanto discusso in classe e quanto vissuto quotidianamente nella propria esperienza di vita (saper fare).

Tale modello formativo consente di acquisire competenze cognitive, di gestione del proprio comportamento e del proprio apprendimento, che permettano da un lato di perseguire efficacemente i propri scopi e dall’altro di contribuire allo sviluppo sostenibile della società in cui si vive.
Le competenze insite nell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione sono quelle di una cittadinanza agita, allo scopo di promuovere nelle giovani generazioni l’impegno in prima persona per il benessere proprio e altrui attraverso ad esempio attività di volontariato, la tutela dell’ambiente quale bene comune , la promozione del fair play e dei valori positivi insiti nello sport e nelle competizioni di qualsivoglia genere, l’educazione alla salute come assunzione del rispetto di se stessi e degli altri e l’educazione stradale come educazione alla responsabilità nelle proprie scelte e nelle proprie azioni.
A tali scopi il Ministero promuoverà collaborazioni con enti, istituzioni, forze dell’ordine, magistratura, sportivi e associazioni del terzo settore al fine di creare opportunità per gli studenti di incontrare persone che abbiano un ruolo attivo e quotidiano nella difesa dei valori costituzionali in grado di rappresentare, con il loro percorso e la loro testimonianza, esempi di impegno civile.
A tal fine le Istituzioni scolastiche potranno avvalersi delle collaborazioni in essere e delle collaborazioni future che l’Amministrazione pubblicizzerà attraverso i propri canali istituzionali e on line.

e) L’autonomia delle scuole e, soprattutto, l’autonomia professionale e scientifica che deve essere riconosciuta ai docenti consiglia di non irrigidire le scelte ministeriali con un impianto metodologico-didattico che potrebbe caratterizzare l’insegnamento di Costituzione e cittadinanza dalla scuola dell’infanzia alla fine del secondo ciclo. In particolare, in un momento ancora sperimentale come quello che si intende promuovere. Proprio per questo, dunque, da un lato, è compito delle scuole e dei docenti distribuire nell’arco dei diversi anni di corso i contenuti elencati di seguito e attraverso i quali gli studenti sono chiamati a maturare le competenze da certificare alla conclusione di ogni grado di scuola. Dall’altro lato, anche nella prospettiva di approntare la versione definitiva delle Indicazioni nazionali per i piani di studio, si richiede all’autonomia delle scuole e dei docenti una valutazione sulla fruibilità didattica delle indicazioni che seguono.

Nuclei tematici e obiettivi di apprendimento relativi a Cittadinanza e Costituzione

SCUOLA DELL’INFANZIA

Obiettivi di apprendimento

Si propone di identificare le conoscenze e le abilità specifiche dell’insegnamento di Costituzione e cittadinanza a posteriori, cioè desumendole dalle migliori pratiche che saranno elaborate e censite nel corso della sperimentazione.
In prima approssimazione, si ritiene che le conoscenze e le abilità specifiche da trasmettere nella scuola dell’infanzia si possano concentrare:

- sul concetto di famiglia, di scuola e di gruppo come comunità di vita
- sulle modalità con cui si possono acquisire conoscenze e modi di agire rispettivamente con i genitori, con i compagni, con le maestre e con altri adulti

Situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali alla fine della scuola dell’infanzia

- mostrare consapevolezza della propria storia personale e familiare e dei modi con cui si è modificata la relazione con gli altri compagni e con gli adulti;
- porre domande su temi esistenziali, sulle diversità culturali, sull’essere bambini e bambine, sulla giustizia, su ciò che è bene e ciò che è male;
- eseguire compiti, elaborare progetti, risolvere problemi da soli, con i coetanei e con gli adulti;
- spiegare come e quanto ci sente legati alla propria famiglia, alla propria comunità, alla propria scuola, al proprio Paese, al mondo;
- gestire conflitti, negoziare compiti e impegni, lavorare in cooperazione, definire regole d’azione condivise.

SCUOLA PRIMARIA

Obiettivi di apprendimento


- concetto di «pieno sviluppo della persona umana» e compiti della Repubblica a questo riguardo
- significati e azioni della pari dignità sociale, della libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini
- concetto di «formazioni sociali» (art. 2 della Costituzione)
- le prime «formazioni sociali», i loro compiti, i loro servizi, i loro scopi: la famiglia, il quartiere e il vicinato, le chiese, i gruppi cooperativi e solidaristici, la scuola
- la distinzione tra «comunità» e «società»
- gli enti locali (comune, provincia, città metropolitana, regione) e gli enti territoriali (asl, comunità montane ecc.)
- i segni costituzionali dell’unità e dell’indivisibilità della Repubblica
- la distinzione tra Repubblica e Stato e alcune sue conseguenze
- la tutela del paesaggio e del patrimonio storico del proprio ambiente di vita e della nazione
- i segnali stradali e le strategie per la miglior circolazione di pedoni, ciclisti, automobilisti
- elementi di igiene e di profilassi delle malattie
- i principi fondamentali della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo e della Convenzione Internazionale dei Diritti dell'Infanzia;
- il superamento del concetto di razza e la comune appartenenza biologica ed etica all’umanità.

Situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali alla fine della scuola primaria

Dignità umana: riconoscere situazioni nelle quali non si sia stati trattati o non si siano trattati gli altri da persone umane; riconoscere i valori che rendono possibile la convivenza umana e testimoniarli nei comportamenti familiari e sociali; riconoscere fatti e situazioni di cronaca nei quali si registri il mancato rispetto dei principi della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo e della Convenzione Internazionale dei Diritti dell'Infanzia che si sono studiati; identificare fatti e situazioni di cronaca nei quali si ravvisino pregiudizi e comportamenti razzistici e progettare ipotesi di intervento per contrastarli.

Identità e appartenenza: documentare come, nel tempo, si è presa maggiore consapevolezza di sé, delle proprie capacità, dei propri interessi e del proprio ruolo nelle «formazioni sociali» studiate; curare la propria persona (igiene, stili alimentari, cura dei denti ecc.) e gli ambienti di vita (illuminazione, aerazione, temperatura ecc.) per migliorare lo «star bene» proprio e altrui; riconoscere i segni e i simboli della propria appartenenza al comune, alla provincia, alla città metropolitana, alla regione, ad enti territoriali, all’Italia, all’Europa e al mondo; trovare i modi per trasformare un’appartenenza comunitaria in una intenzionale, libera e volontaria appartenenza sociale, oppure per identificare situazioni di appartenenza ad una «comunità» o ad una «società»; trovare fatti, situazioni, forme linguistiche, comportamenti che dimostrino la mancata o piena consapevolezza della distinzione tra Repubblica e Stato; riconoscere azioni proprie e altrui che siano tendenzialmente autonome oppure che siano per lo più dettate da condizionamenti e da dispositivi espliciti o nascosti…….

Alterità e relazione: riconoscere i ruoli e le funzioni diverse nella vita familiare come luogo di esperienza sociale e di reciproco riconoscimento e aiuto, nel dialogo fra generazioni; riconoscere ruoli e funzioni diverse nella scuola, identificando le corrette relazioni degli alunni con gli insegnanti, con gli operatori scolastici e tra loro e riconoscendo il valore dei rapporti scuola-famiglia; esercitare responsabilmente la propria libertà personale e sviluppare dinanzi a fatti e situazioni il pensiero critico e il giudizio morale; attuare la cooperazione e la solidarietà, riconoscendole come strategie fondamentali per migliorare le relazioni interpersonali e sociali; distinguere i diritti e i doveri, sentendosi impegnato ad esercitare gli uni e gli altri; manifestare il proprio punto di vista e le esigenze personali in forme argomentate, interagendo con «buone maniere» con i coetanei e con gli adulti, anche tenendo conto dell’identità maschile e femminile; accettare e accogliere le diversità, comprendendone le ragioni e soprattutto impiegandole come risorsa per la risoluzione di problemi, l’esecuzione di compiti e la messa a punto di progetti; curare il proprio linguaggio, evitando espressioni improprie e offensive.

Partecipazione: testimoniare la funzione e il valore delle regole e delle leggi nei diversi ambienti di vita quotidiana (vita familiare, gioco, sport ecc.); contribuire all’elaborazione e alla sperimentazione di regole più adeguate per sé e per gli altri nella vita della famiglia, della classe, della scuola e dei gruppi a cui si partecipa; avvalersi dei servizi offerti dal territorio, riconoscere quando sono affidabili per sé e per gli altri e, soprattutto, contribuire ad identificare proposte per renderli sempre meglio tali, quando non lo fossero; riconoscere in fatti e situazioni il mancato o il pieno rispetto dei principi e delle regole relative alla tutela dell’ambiente (compatibilità, sostenibilità ...); rispettare la segnaletica stradale, con particolare attenzione a quella relativa al pedone e al ciclista.

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

Obiettivi di apprendimento


- Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
- organizzazione politica ed economica della Ue (con la moneta unica, la Banca centrale)
- la Carta dei diritti dell’Ue e la Costituzione europea
- organismi internazionali (Onu, Unesco, Tribunale internazionale dell’Aia, Alleanza Atlantica, Unicef, Amnesty International, Croce Rossa)
- distinzione tra autonomia (della persona umana, delle «formazioni sociali», degli enti locali e territoriali, delle istituzioni) e decentramento nei servizi che dipendono dallo Stato
- connessione tra l’unità e l’indivisibilità della Repubblica, da una parte, e la valorizzazione dell’autonomia e del decentramento dall’altra (art. 5 della Costituzione)
- il processo di revisione costituzionale e le leggi costituzionali secondo il Titolo V, sez. II del testo del 1948
- la nuova disciplina degli Statuti delle Regioni
- l’ordinamento della Repubblica
- la Corte costituzionale
- le «formazioni sociali» delle imprese, dei partiti, dei sindacati e degli enti no profit, con la loro regolamentazione costituzionale e legislativa
- la sussidiarietà orizzontale e verticale
- i diritti e i doveri del cittadino (soprattutto in rapporto alla salute propria e altrui, alla sicurezza stradale e alla libertà di manifestazione del pensiero)
- i diritti e i doveri del lavoratore (i Rapporti economici secondo la Costituzione, lo Statuto dei lavoratori, lo Statuto dei lavori).

Situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali alla fine della scuola secondaria di I grado

Dignità umana: riconoscersi come persona, cittadino e lavoratore (italiano ed europeo), alla luce della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, del dettato costituzionale e delle leggi nazionali, della normativa europea; riconoscere in fatti e situazioni come il mancato o il pieno rispetto dei principi e delle regole della sicurezza stradale, in particolare dell’uso del casco e dell’equilibrio alimentare per chi guida, sia segno di rispetto della dignità della persona propria e altrui; riconoscere il diritto alla salute come valore personale e sociale di cui si è responsabili anche dinanzi alle generazioni future; leggendo i giornali e seguendo i mass media, riconoscere, nelle informazioni date, le azioni, il ruolo e la storia di organizzazioni mondiali e internazionali e di associazioni internazionali poste al servizio della valorizzazione della dignità umana.

Identità e appartenenza: esplorare le proprie multi appartenenze come studente, figlio, fratello, amico, cittadino, abitante della propria regione, della propria nazione, dell’Europa e del mondo, individuare gli elementi di esse che contribuiscono a definire la propria identità e le strategie per armonizzare eventuali contrasti che le caratterizzano; confrontare l’organizzazione ordinamentale e di governo, nonché le regole di cittadinanza, che contraddistinguono il nostro paese e gli Stati Ue di cui si studia la lingua; riconoscere e rispettare in situazioni consone i simboli dell'identità nazionale ed europea e delle identità regionali e locali; far interagire positivamente in fatti e situazioni ipotetiche o reali il rispetto dei diritti dell’uomo, del cittadino, del lavoratore e dell’imprenditore.

Alterità e relazione: conoscere e rispettare la funzione delle regole e delle norme, nonché il valore giuridico dei divieti; partecipare consapevolmente al processo di accoglienza e di integrazione tra studenti diversi all’interno della scuola; conoscere lo Statuto delle studentesse e degli studenti e tenerne conto nel comportamento e nei giudizi da esprimere sulla situazione scolastica; conoscere e rispettare il codice della strada: segnaletica stradale, tipologia dei veicoli e norme per la loro conduzione; gestire le dinamiche relazionali proprie della preadolescenza nelle dimensioni dell’affettività, della comunicazione interpersonale e della relazione tra persone diverse tenendo conto non solo degli aspetti normativi, ma soprattutto di quelli etici.

Partecipazione: essere consapevoli delle caratteristiche del territorio in cui si vive e degli organi che lo governano, ai diversi livelli di organizzazione sociale e politica; partecipare alle iniziative promosse per una sempre maggiore collaborazione tra scuola ed enti locali e territoriali; riconoscere i provvedimenti e le azioni concrete che promuovono e tutelano il principio della sussidiarietà verticale ed orizzontale in un territorio; trovare fatti storici, situazioni politiche ed esempi giuridici che possano testimoniare una mancata o insufficiente valorizzazione del rapporto costituzionale che dovrebbe intercorrere tra l’unità e l’indivisibilità della Repubblica e organizzazione istituzionale e ordinamentale fondata sull’autonomia e sul decentramento; comprendere e utilizzare i codici e gli strumenti di comunicazione delle diverse istituzioni; collaborare all’elaborazione e alla realizzazione dei diversi progetti (salute, ambiente, sicurezza ecc.) promossi dalla scuola e dal territorio.

SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

Obiettivi di apprendimento

- uguaglianze e differenze, sovrapposizioni ed eccedenze rispettivamente dei concetti di uomo, individuo, soggetto e persona umana
- i diritti dell’uomo, del cittadino e del lavoratore in Italia, nella Ue e nel diritto internazionale alla luce delle distinzioni tra uomo, individuo, soggetto e persona
- i concetti di costituzione materiale e di costituzione formale come operatori interpretativi della storia costituzionale italiana
- il processo di revisione costituzionale e le leggi costituzionali secondo il Titolo V, sez. II del testo del 1948
- la nuova disciplina degli Statuti delle Regioni
- le revisioni costituzionali apportate dal 1948 ad oggi
- il processo di formazione, di emanazione e di perfezione delle leggi ordinarie e dei decreti legge
- l’introduzione delle Regioni nel testo costituzionale del 1948 e le ragioni del loro primo avvio solo negli anni settanta
- le competenze esclusive e concorrenti delle Regioni e i loro ordinamenti
- il ruolo dello Stato nell’ordinamento e nella funzionalità della Repubblica
- l’art. 32 della Costituzione e le sue conseguenze normative
- le libertà personali e le libertà sociali nel testo costituzionale
- la libertà di insegnamento e la libertà di scuole nel testo costituzionale e nelle leggi ordinarie
- Il sistema educativo di istruzione e di formazione della Repubblica: i differenti ruoli dello Stato, delle Regioni, degli altri enti locali e delle «formazioni sociali» (a partire dalla famiglia e dalle scuole)

Situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali alla fine della scuola secondaria di II grado

Dignità umana: identificare i diritti umani nella cultura, nella storia dell’umanità e negli ordinamenti giuridici nazionali e internazionali, cogliendo come nel tempo e nello spazio si sia evoluta la capacità di riconoscerli e tutelarli; riconoscere il valore della libertà di pensiero, di espressione, di religione e delle altre libertà individuali e sociali nelle società storiche e politiche contemporanee; conoscere i processi migratori, identificarne le cause, valutarne le conseguenze personali, sociali, culturali ed economiche, mantenendo fisso il principio della pari dignità di ogni persona, delle regole di cittadinanza nazionale, europea e internazionale e del valore individuale e sociale dell’integrazione; sviluppare disponibilità all’impegno interculturale, agendo comportamenti basati sul rispetto e sull’accettazione delle differenze, nonché sul rifiuto di ogni forma di discriminazione su base etnica e religiosa; riconoscendo la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32 Cost.) e come “dovere di solidarietà“ reciproca (art. 2 Cost.), valutare le conseguenze personali e sociali di comportamenti incoerenti con questi principi; identificare stereotipi, pregiudizi etnici, sociali e culturali presenti nei propri e negli altrui atteggiamenti e comportamenti, nei mass media e in testi di studio e ricerca; riconoscere in fatti e situazioni concrete i modi con cui il diritto al lavoro e alla libertà di impresa sono espressione della dignità della persona e delle formazioni sociali all’interno delle quali sviluppa la propria personalità.

Identità e appartenenza: conoscendo le premesse storiche, i caratteri, i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, riuscire ad identificare situazioni problematiche che ostacolano i processi dell’integrazione nazionale e dell’integrazione europea; ritrovare nella vita sociale, giuridica, istituzionale e culturale del nostro Paese elementi che dimostrino l’inerzia di abitudini e di impostazioni incoerenti con lo spirito e la lettera del testo costituzionale a proposito di responsabilità dello Stato e delle Regioni; riconoscere in fatti e situazioni della vita economica, sociale e culturale l’intervento delle istituzioni europee (Unione Europea e Consiglio d’Europa), l’adesione alle linee fondamentali del Trattato di Lisbona (2007) e alle decisioni di politica economica della Ue e della Banca centrale europea; ricostruire le problematicità e le acquisizioni del processo di elaborazione della Costituzione europea, soprattutto in rapporto al “patrimonio spirituale e morale dell’Europa”.

Alterità e relazione: riconoscere come la ricchezza e la varietà delle dimensioni relazionali dell’esperienza umana porti a concretizzazioni istituzionali e ordinamentali che tengono conto della storia di ogni popolo; imparare a utilizzare il linguaggio dei sentimenti, delle emozioni e dei simboli, tendo conto delle differenze storiche e culturali di cui sono espressione; riconoscere il valore etico e civile delle leggi, nonché le modalità con cui tale valore è tutelato nel processo nazionale e internazionale che le crea e le introduce negli ordinamenti giuridici; individuare come i nuclei portanti della cultura economica (impresa, mercato, finanza pubblica, debito pubblico, spesa sociale, globalizzazione, stabilità della moneta ed equità nel rapporto fra i paesi e le generazioni) intervengono a qualificare le politiche economiche nazionali e internazionali; dimostrare piena e matura consapevolezza circa la necessità di comportamenti corretti nel campo della sicurezza per la tutela della incolumità propria e altrui, del codice della strada e della salute fisica e mentale di ogni cittadino;

comprendere l’equilibrio nel tempo del sistema uomo-ambiente: la funzione delle leggi e i danni prodotti dalla sua alterazione, problematizzando l’idea di uno sviluppo sostenibile in termini di giustizia anche intergenerazionale.

Partecipazione: conoscere le carte internazionali dei diritti umani e dell’ambiente, gli organismi che le hanno approvate e sottoscritte, le Corti che ne sanzionano le violazioni; praticare i diritti e i doveri degli studenti secondo la normativa vigente, contribuendo alla realizzazione della democrazia nella scuola e nelle relazioni tra scuola, famiglia e società; analizzare, discutere e condividere lo Statuto dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti; promuovere la conoscenza dei regolamenti di istituto come momento di cittadinanza partecipata, collaborando alla loro redazione o al loro miglioramento e individuando le pratiche e le iniziative necessarie a questi scopi; impegnarsi attivamente nelle forme di rappresentanza previste (di classe, di istituto, nella Consulta provinciale degli studenti, nelle Associazioni studentesche); partecipare ai lavori dei Forum regionali e nazionali delle Associazioni studentesche; impegnarsi e partecipare ai lavori e alle iniziative della Consulta provinciale degli studenti.

Il Ministro
Mariastella Gelmini