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Superabile: "Scuola, serve un sostegno"

Disagi in molti istituti per la carenza di insegnanti per gli studenti con disabilità. A chiedere un'urgente verifica della situazione sono famiglie, associazioni, docenti e sindacati. Superabile fa il punto con un'intervista a Nicola Quirico, presidente della Federazione associazioni docenti per l'integrazione scolastica.
INAIL - Superabile.it "Scuola, serve un sostegno" a cura di Chiara Ciranda

Se il buon giorno si vede dal mattino, queste giornate di inizio anno scolastico non promettono nulla di buono. Cresce la protesta un po’ in tutte le regioni italiane per i tagli ai posti degli insegnanti di sostegno: famiglie, associazioni, sindacati e docenti sul piede di guerra, contro una riduzione che andrà a scapito delle esigenze degli alunni, della continuità didattica, della capacità della scuola di essere, nel concreto e una volta per tutte, un luogo di crescita e di integrazione. L’Anffas, associazione nazionale famiglie di disabili intellettivi e relazionali, ha inviato nei giorni scorsi una lettera aperta al ministro Moratti chiedendo l’urgente convocazione dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione scolastica e la realizzazione di un monitoraggio oggettivo sullo stato dei fatti, “al fine di intervenire - si legge nel testo - con la necessaria tempestività, in tutte le situazioni nelle quali si siano registrate difficoltà o inadempienze”.

Difficoltà che sembrano essere all’ordine del giorno. Rende l’idea il gesto di una madre, che è entrata con una tanica di benzina nella scuola del figlio disabile, in provincia di Pesaro, minacciando di dare fuoco all’istituto per protestare contro la mancata assegnazione di un insegnante di sostegno. Una storia che sarebbe potuta accadere in qualsiasi scuola d’Italia: in Sicilia come in Campania, nelle Marche come in Emilia Romagna (secondo una studio della Cisl, ammontano ad un migliaio i posti di sostegno mancanti in Campania e in Sicilia, duecento quelli di cui ci sarebbe ancora bisogno in Puglia), anche se al Nord la situazione risulta, in linea di massima, meno preoccupante. Ma è proprio sulla necessità di fare il punto che si insiste da più parti: i parlamentari Luigi Giacco – responsabile nazionale Ds per le politiche dell’handicap – e Augusto Battaglia – capogruppo Ds in commissione affari sociali – hanno presentato un’interrogazione ai ministri Moratti e Maroni per sapere “qual è la reale situazione sul territorio nazionale, il monte ore degli insegnanti di sostegno rispetto agli alunni disabili presenti nelle scuole di ogni ordine e grado e quali urgenti provvedimenti intendano attivare per facilitare una reale e concreta integrazione degli alunni stessi”.

Staremo a vedere quale sarà la risposta. Intanto, Superabile ha chiesto al professor Nicola Quirico - da anni impegnato su temi e problemi legati al mondo della scuola e presidente della Fadis, Federazione associazioni docenti per l'integrazione scolastica - di fare il punto sulla questione.

Leggendo i giornali si ha l’impressione che la carenza di insegnanti di sostegno riguardi un po’ tutte le scuole d’Italia. In quali regioni si riscontrano i maggiori disagi?

Non abbiamo dei dati precisi, ma l’impressione è che il calo delle ore sia generalizzato. Con picchi particolarmente preoccupanti al Sud e in parte anche al Centro, ma non è da escludere che anche realtà da questo punto di vista tradizionalmente positive – penso all’Emilia Romagna – abbiano gravemente risentito dei tagli.

Tagli che paradossalmente arrivano proprio quando si regista un numero maggiore di iscrizioni…

Sì. Negli ultimi anni le iscrizioni, soprattutto quelle alla scuola secondaria superiore, sono aumentate moltissimo. Per rendersene conto basta considerare che, ad esempio, nell’anno scolastico 89-90, gli alunni con disabilità iscritti nelle scuole italiane erano poco più di 2 mila, contro i 31 mila registrati nell’anno scolastico 2003-2004.

Da cosa è dipeso questo aumento di iscrizioni?

Ci sono almeno un paio di spiegazioni. Una sentenza della Corte Costituzionale che, nel 1987, ha riconosciuto ai ragazzi con disabilità il diritto di accedere all’istruzione secondaria superiore e, da un punto di vista ‘sociologico’, una più ampia diffusione della cultura dell’integrazione. Le famiglie si sentono più tutelate dalla legge e, giustamente, credono e si aspettano che la scuola sia un luogo capace di accogliere un ragazzo con disabilità, di contribuire alla sua crescita ed integrazione nella società. L’innalzamento dell’obbligo scolastico ha fatto il resto.

E’ per questo che da più parti sorge il dubbio che quel famoso rapporto 1:138, che è stato tra l’altro mantenuto dalla finanziaria 2004, non possa più funzionare?

Esatto. Il fatto che il numero dei posti di sostegno in organico di diritto sia calcolato sul totale degli alunni frequentanti le scuole della provincia rappresenta un grosso problema. L’intenzione, nel ’97, quando questo parametro fu introdotto, era quella di rendere la situazione più omogenea. Ma, allo stato attuale delle cose, un rapporto che prevede insegnante ogni 138 ragazzi (con o senza disabilità) non può più funzionare. Occorrerebbe abolirlo, e magari stabilire la quantità dei posti in organico di diritto prendendo in considerazione esclusivamente il numero di ragazzi con disabilità. L’ideale sarebbe riuscire davvero a garantire un insegnante di sostegno ogni due alunni, cosa che, allo stato attuale accade molto di rado.

Le famiglie sostengono che il problema non sia soltanto di tipo ‘quantitativo’, ma anche ‘qualitativo’. Qual è la professionalità, il livello di specializzazione degli insegnanti di sostegno?

Potrei dire che, più che di riforme, la scuola italiana ha bisogno di risorse. Di personale competente e in grado di affrontare in équipe il problema dell’integrazione. E non mi riferisco soltanto agli insegnanti di sostegno o soltanto ai ragazzi con disabilità. I docenti, tutti i docenti, devono essere informati e capaci di gestire ‘tutte le diversità’ presenti nelle nostre aule. Ragazzi stranieri, con disabilità, soggetti con disturbi che non rientrano tra quelli certificabili e anche studenti particolarmente capaci… Dovremmo entrare nell’ottica che ciascuno ha dei ‘bisogni speciali’, una sua individualità e personalità che va capita, apprezzata, valorizzata in maniera non univoca e differenziata. E’ così che la ‘diversità’ si trasforma in ricchezza, in opportunità di crescita attraverso lo scambio.
Tornando alla sua domanda, a partire dagli anni 90 abbiamo assistito a una certa dequalificazione dei percorsi formativi dedicati agli insegnanti di sostegno. Il monte ore dei corsi è stato ridotto, per non considerare poi che l’aggiornamento dovrebbe davvero essere continuativo e costante. La Fadis ritiene inoltre che sia quantomeno necessaria l’istituzione di una classe di concorso specifica per il sostegno.

Questo potrebbe garantire una maggiore continuità educativa?

Senz’altro. Circa il 50 per cento degli insegnanti precari è impiegato nel sostegno; occorrerebbe una maggiore stabilizzazione: la graduatoria tutela il docente, ma chi tutela il ragazzo che si trova a dover cambiare più volte insegnante? Gli interventi educativi, a maggior ragione nel caso di studenti con disabilità, richiedono tempo ed è fondamentale che il lavoro svolto e lo stesso rapporto insegnante-studente non venga sacrificato a causa della precarietà che stiamo vivendo.

Qualcuno sostiene che questa grossa domanda da parte degli insegnanti di sostegno derivi, più che da una reale motivazione, da una forte attesa di occupazione nella scuola. Lei cosa ne pensa?

Il discorso è molto complesso. Le speranze dei laureati vengono disattese a causa della mancanza di un sistema di programmazione sugli accessi alla scuola. In altri paesi, da questo punto di vista, si è fatto molto più che in Italia. E adesso è molto difficile riuscire a coniugare le esigenze di risparmio con la crescente richiesta di occupazione che arriva dagli aspiranti insegnanti. Ma questa è una questione politica. Da parte nostra, come da parte delle altre associazioni che lavorano all’interno dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione scolastica, c’è tutta l’intenzione di collaborare con il governo per la ricerca delle soluzioni più opportune. Dati i disagi di questo inizio anno occorre dialogare, proporre più che insistere sullo scontro.

Un nuovo anno scolastico inizia, dunque, nell’incertezza e nella confusione. Tra polemiche ed episodi gravi, come quello accaduto a Bologna, dove ai genitori di una bambina disabile è stato chiesto di non mandarla a scuola “finché non sarà disponibile un insegnante di sostegno”. E in Sicilia, in un piccolo istituto comprensivo in provincia di Ragusa, una madre è stata appena informata che, al posto delle 24 ore settimanali che erano state assegnate l’anno scorso alla figlia, 9 anni, affetta dalla sindrome di Down ed epilettica, dovrà accontentarsi di 18. “Quest’anno – racconta il dirigente scolastico -, dopo aver attentamente valutato le condizioni dei bambini con disabilità che frequentano la nostra scuola, avevamo ritenuto opportuno chiedere un aumento delle ore. E invece non è arrivata neanche la conferma”.

Disagi più e meno grandi, illusioni e delusioni. Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, resta adesso, ora dopo ora, regione dopo regione, la speranza di una schiarita. O, quantomeno, di un po’ di chiarezza.

Fonte:
Superabile: Scuola serve un sostegno.
data di pubblicazione: 20 settembre 2004.